LACTO-OVO VEGETARIAN

La vera dieta vegetariana
normale, completa,
sana, naturale,
preventiva,
senza carenze,
senza ipocrisie,
senza fanatismo,
secondo la Tradizione
e la Scienza più moderna

21 febbraio 2010

Giornali all'asilo: ecco come scoprono ancora una volta i veg

Sono più dannosi i giornalisti che intervistano i vegetariani o i vegetariani che si lasciano intervistare? Andiamo per ordine.
I giornalisti, si sa, non imparano mai. Non debbono imparare. Dio non voglia, dovessero diventare esperti in qualcosa. Dai e ridai, a forza di sentire tante cose da tanta gente ogni giorno, anche senza aprire mai un libro, chiunque imparerebbe. No? Loro no. Altrimenti - sono convinti - non potrebbero più fare i giornalisti. Temono che diventati sapienti possano cadere nella tentazione di correggere gli intervistati. Empty box, scatole vuote, anzi tavole lisce devono essere. Perciò hanno imparato a farsi solo sfiorare dai fatti e dalle notizie: non trattengono mai nulla. Ogni volta per loro è la prima volta. La più vecchia notizia del mondo, è una "nuova notizia" solo perché la danno loro, con la faccia tosta di chi fa finta di scoprirla proprio adesso, come un fulmine a ciel sereno. Ma con la super-superficialità di sempre. Di chi sa che non ci sarà mai, non ci deve essere, un gradino superiore di conoscenza. Così, almeno, la maggior parte di loro pensa. E si comporta di conseguenza. Cioè, a meno che non si tratti di politica, di scandali o di calcio, scrive sempre nello stesso livello, quello introduttivo. Dando per scontato che i lettori non sappiano mai nulla, non abbiano mai letto nulla e non abbiano memoria di nulla. Peccato che l'approfondimento non ci sarà mai.
Anche stavolta, dopo altri articoletti simili, con lo stile tipico che riserva ai suoi supplementi, sempre tra il leggero, il banale, il futile, il superficiale, il casuale, il salottiero e l'incompleto, con la solita aria di chi ha appena scoperto per l'ennesima volta la "moda" del vegetarismo in Italia, ecco l'articolo di Jenner Meletti apparso su Repubblica-R2 il 19 febbraio scorso. Non aggiunge una riga a quello che già si sapeva. Lui, poverino, non ha colpe: ha fatto il suo dovere, anzi un lavoro professionale. Tantomeno gli intervistati, poveretti: i vegetariani Pinelli, Siani e Baroni se la sono cavata con dignità, nonostante le domande banali, sempre le stesse, e i presumibili tagli disastrosi.
E ovviamente, in questa rimasticatura di vecchi giornali dalla carta ingiallita sono rispuntati anche qui per l'ennesima volta i soliti "topòi" della materia: il maratoneta Paavo Nurmi, più vivo che mai (l'hanno visto l'anno scorso sbocconcellare mele renette mentre vinceva la maratona di New York), ormai più presente negli articoli di "colore" sul vegetarismo che nelle enciclopedie di sport, e il simpatico psicopatico Hitler che fra un po' diventerà vegan, sposerà una ebrea e farà un figlio omosessuale.
E la storiella, anche questa di 40-60 anni fa, che una dieta vegetariana vorrebbe più tempo di una carnivora. Una qualunque dieta sana vuole un po' più di attenzione, non so se anche più tempo, di una dieta trasandata e sbagliata. "Bistecchina più veloce"? In altre parole si dà ad intendere, senza la minima obiezione salutista dell'intervistato o dell'intervistatore, che gli onnivori invece la carne la possano mangiare due volte al giorno, se non altro "per praticità". Ma non è vero - dice la scienza - a causa dei rischi tossicologici, propri della carne cotta rapidamente e dunque ad altissimo fuoco. Quindi, contrapporla in modo ovvio, risaputo, al piatto di legumi solo perché, "signora mia, sa com'è, si cucina in fretta", è una sciocchezza da casalinghe sotto l'ombrellone o il casco del parrucchiere. Ricordiamolo al Castorina divoratore di "hamburger" e "polpette". Nel mio libro Il Piatto Verde ho ironizzato sui vegetariani nostalgici che nell'imitazione continuano di fatto - la psicologia non l'ho inventata io - a mangiare la carne nel nome: "spezzatino di soia", "cotoletta di soia". Del resto, aveva dato il cattivo esempio il conte di Salaparuta, buonanima: "pseudo-rognoni al Marsala".
Allora, davvero, è meglio che la mangino, 'sta carne. Dev'essere un piacere mangiare il resto, non una privazione, un sacrificio, una penitenza, un "fioretto" cattolico, non mangiare la carne.
E infine, non ammaestrati dalla barzelletta degli "otto milioni di baionette", ecco la nuova balla, più moderata, dei "sette milioni di vegetariani", quando invece lo vediamo tutti, ictu oculi, che in Italia non si trova un(a) vegetarian(o-a) ver(o-a) per organizzare qualsiasi cosa, da un matrimonio ad una conferenza, da una cena ad una gita, e perfino i club vegetariani sono pieni di infiltrati non-veg del "vorrei ma non posso". Saremo si e no in Italia, a dire tanto, da 500 a 900 mila.
Ma bisogna gonfiare le cifre. Perché? Per piacere ai committenti dell'indagine, gratificare le ditte sponsor, invogliare con nuovi modelli snob la pubblicità di tofu-integratori-vestiti "no-cruelty" su giornali e siti-web, creare nuovi clienti "di nicchia" con alta propensione alla spesa per gli studi naturopatici e dietologici, avere peso politico e guadagni personali? E tutti gli altri "vegetariani demoscopici"? Sono virtuali, non virtuosi: sperano di diventare vegetariani, anzi, se lo ripromettono, che dico, non vogliono fare la figura di passatisti e incivili, quando sono interrogati dagli intervistatori AC Nielsen o Eurispes. Un vizietto tipicamente italiano: compiacere l'interlocutore, darsi un'immagine esterna dignitosa, far vedere.
Ma basta con queste banalità, con questi luoghi comuni sottoculturali, di chi chiaramente non conosce i problemi del vegetarismo, né la psicologia elementare, né l'abc della nutrizione, né come funzionano i giornali in Italia, né gli Italiani.
Perciò diciamo ai vegetariani: attenti agli sconosciuti che vi attaccano bottone parlando di cibo, non sapete come vi cucineranno. E saremmo tentati di chiedere a capi-pagina e capi-redattori: va bene, errori a parte questo lo sapevamo già, ce l'avevate già detto, magari un po' meglio, in passato. E dopo, come va a finire, signori? Vorremmo ogni tanto un "continua". Che cos'è, nei particolari, questo vegetarismo? Davvero basta - come si ripete per l'ennesima volta - eliminare la carne, come se il resto fosse facile, intuibile? Davvero è questione di un piatto di piselli (che del resto mangiano anche i "carnivori")? Non potete, signori giornalisti dirigenti, far ripetere all'infinito l'asilo o le scuole elementari ai vostri cronisti. Possibile che non arriviate mai alla scuola media? Ma i capi-redattori sono vecchie volpi: appena un giovane ha imparato qualcosa lo sostituiscono con un altro più naif alle prime armi nella materia, e così via.
Bah, davvero non riusciamo a piangere se i giornali sono in crisi: se la sono voluta. Sono fatti molto, molto peggio di 30 o 20 anni fa. E se qualcuno chiudesse, noi chiederemmo senza la minima ironia: ma a che (non a chi, questo lo sappiamo) serviva?
E allora, alla fin fine, sono più dannosi i giornalisti che intervistano o i vegetariani che rispondono? "Ma che vuole che le dica, signora mia, qui non ci si capisce più niente... Mi passa lo shampoo?"
NICO VALERIO
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L'ITALIA CHE NON MANGIA CARNE
Repubblica (suppl.R2), 19 febbraio 2010
Colpa di un frigorifero troppo illuminato. "Ho visto le bistecche rosse, il prosciutto, il pollo... Prima erano solo "prodotti" comprati al supermercato. Quel giorno ho capito che il frigo era pieno di animali, uccisi e fatti a pezzi per diventare il mio cibo quotidiano. Sono passati venticinque anni. Da allora sono vegetariano". Quasi un colpo di fulmine, per Franco Castorina, coordinatore nazionale della Società vegetariana di Genova.
Luciana Baroni, medico di Mestre e fondatrice della Società scientifica di nutrizione vegetariana si è invece allontanata da fiorentine di manzo e grigliate di pesce il giorno in cui ha compiuto quarant' anni. "Ci pensavo anche prima, alle sofferenze degli animali. Ma non riuscivo a decidermi. Poi ho pensato di farmi un regalo di compleanno: nutrirmi senza provocare sofferenze. E ho scoperto che così si vive anche meglio".
Si fa presto a dire "vegetariani". In questa galassia ci sono infatti i "latto-ovo-vegetariani" che escludono carne, pesce, molluschi e crostacei ma si cibano di latte, uova e qualunque tipo di vegetale. Ci sono i "lattovegetariani" che evitano anche le uova e derivati. Infine ci sono i vegani che assieme a carne e pesce rinunciano anche a latte e uova.
Sei milioni - secondo un' indagine Ac Nielsen rielaborata dall' Eurispes - che in questo 2010 dovrebbero diventare sette milioni (i primi in Europa, secondo le stime dell' Unione vegetariana europea). Fra loro, il 10 per cento sono vegani. "Nella nostra società di nutrizione - dice Luciana Baroni - siamo in 400, quasi tutti professionisti. Cerchiamo di spiegare cosa sia davvero il vegetarismo e come una dieta a base di cibi vegetali rappresenti uno dei più efficaci e piacevoli mezzi per restare sani. Non ci sentiamo missionari, non vogliamo convertire quelli che noi chiamiamo gli onnivori. Siamo però a disposizione di chi cerca un' alimentazione più salubre". Da qualche anno la dottoressa è anche vegana. "All' inizio pensavo che la sofferenza fosse solo negli allevamenti, con gli animali ingrassati a forza, i trasporti, la macellazione... Poi ho smesso di bere latte e mangiare formaggi perché alla mucca viene portato via il vitello per portare il latte al caseificio. Anche nelle uova ci sono dolore e sofferenza. Il polli da uova sono diversi da quelli da carne e i pulcini maschi che ovviamente non possono fare uova vengono buttati in un macina carne e diventano cibo per altri animali".
Le associazioni di vegetariani sono diverse (tre le principali, a Milano, Mestre e Genova) ma il messaggio è comune: "Il vegetariano non rinuncia ma sceglie. Il vegetariano è felice". "Oggi - racconta Luciana Baroni - mi sono preparata pasta con i broccoli e porri poi pane con tahin, una salsa di semi di sesamo. Se diventi vegetariano, non perdi gli amici. Quelli che vengono a cena da me alla fine mi chiedono le ricette. Se vado a casa d' altri li avverto della mia scelta e un risotto o una pasta riescono a prepararmeli".
Felice anche il genovese Francesco Castorina. "Oggi mi sono cucinato pasta integrale con minestrone e hamburger di lenticchie. Il cibo è importante, nel nostro messaggio. Non a caso, le nostre conferenze sono brevi -massimo mezz' ora - e sono sempre seguite da cene, cuore dei corsi di cucina pratica e teorica. Tante le domande che ci vengono poste. Una dieta vegetariana è pericolosa? Si può vivere senza carne? La nostra dieta - rispondiamo - è pericolosa se fatta male, come del resto la dieta degli onnivori. Si sopravvive? Gran parte degli indiani da secoli non si cibano di carne. Il ferro e il calcio? Basta scegliere le verdure e i legumi giusti". Ravioli di tofu, polpette di piselli, biscotti d' orzo... "Certo, ci vuole più tempo che cuocere una bistecca. Ma basta guardare meno tv e il tempo si trova.
Essere vegetariano vuol dire fare una scelta di vita ma non ci sentiamo superiori agli altri. Una signora genovese (ha 85 anni ed è vegetariana da 70) dice però che se si può essere vegetariani senza essere buoni (Hitler era vegetariano, ndr) non ci può essere bontà senza vegetarismo. In passato tanti ci guardavano in modo strano, ora qualcosa sta cambiando. Qui a Genova, ad esempio, ci hanno chiamato a fare conferenze al festival della Scienza. Vuol dire che ci prendono sul serio". Non si pagano quote, per entrare nella Società genovese. Basta iscriversi al sito. "Con la scelta vegetariana si diventa anche amici. Alla fine di marzo organizzeremo a Claviere la prima settimana bianca vegetariana, con cucina vegana. Anch' io ho fatto questa scelta, quando ho scoperto che latte e formaggi mi facevano gonfiare le mani". Tutti uniti per la propria salute e per la salute del mondo.
Vegetarianie vegani, nel loro materiale informativo, raccontano che "per produrre un solo chilo di carne servono dai 7 ai 16 chili di soia o altri legumi, 15.500 litri di acqua pulita e 323 metri quadri di pascolo". Il chilo di carne viene mangiato da chi se lo può permettere mentre i poveri del mondo debbono rinunciare ai legumi. Per dimostrare che la dieta senza carne e pesce non debilita si citano i nomi di atleti che hanno fatto stupire il mondo: da Carl Lewis a Martina Navratilova, da Paavo Nurmi a Edwin Moses.
"Mentre per una dieta vegetariana non ci sono problemi - dice il professor Vincenzino Siani, docente di Ecologia della nutrizione all' università di Tor Vergata - qualche dubbio esiste per la dieta vegana. Le proteine si trovano anche in cereali e legumi ma la vitamina B12 nei vegetali non è presente - se non in piccola parte in certe alghe - e chi anche rinuncia a latte e uova ne resta privo. Per questo i vegani debbono assumere questa vitamina in pillole e questo è il loro tallone d' Achille. Io sono vegetariano ma non vegano. Non ci si può giustificare dicendo che l' uomo per secoli ha mangiato solo vegetali ed è riuscito a sopravvivere. Chi mangiava erbe, foglie e verdure in passato mangiava anche gli insetti che c' erano in mezzo e pezzetti di terra. La nostra igiene ha cambiato il modo di assumere i vegetali, non più "arricchiti" come in passato". Il dieci per cento di vegani sembra però in aumento. "Chi da onnivoro diventa vegetariano, nei primi tempi, rinunciando a carne e pesce, si butta sul formaggio e a volte eccede. Crede che a fargli male sia il formaggio e invece è solo l' eccesso di tale cibo. E allora rinuncia. Io continuo ad assumere latte e derivati, sia pure in piccola quantità. Mi sembrerebbe assurdo ricorrere a pillole".
A Verona, nel giugno scorso, è stato aperto il primo ambulatorio pediatrico vegetariano d' Italia. "I vegetariani - racconta il professor Leonardo Pinelli, diabetologo e nutrizionista pediatrico - vogliono che anche i loro figli seguano la loro scelta e non sanno a chi rivolgersi. I pediatri non sono preparatie si arrabbiano. "Cosa, non vuol dare la carne a suo figlio?"". L' ambulatorio è pubblico e gratuito, organizzato dalla Asl e dall' università. "Noi sappiamo che la dieta vegetariana fa bene. Sappiamo che il 40% delle malattie, dal diabete al colesterolo all' ipertensione, possono essere affrontate con una dieta vegetale. Ma non abbiamo dati italiani, statistiche e ricerche arrivano quasi tutte dagli Stati Uniti. Noi vogliamo studiare i "nostri" genitori e i "nostri" bambini. Vengono da noi papà e mamme cui non bastano le informazioni prese in Internet o nel negozio macrobiotico. Vengono a chiedere, ad esempio, cosa fare per lo slattamento ai sei mesi, quando gli altri piccoli passano agli omogeneizzati di carne. Noi indichiamo frutta, brodo vegetale, crema di riso o mais e tapioca. Dopo una o due settimane consigliamo le pappine di lenticchie rosse decorticate. Certo, può stupire una scelta vegetariana fatta dai genitori per i neonati, ma saranno comunque i piccoli a decidere quando saranno cresciuti. C' è da rilevare però che il gusto si forma nei secondi sei mesi di vita e ai bimbi resterà per sempre la passione per sapori delicati come quelli dei legumi e delle verdure. I genitori vengono da noi anche per un altro motivo. Alla nonna che protesta perché un bimbo non può crescere senza carne, la mamma potrà farsi forte del parere di un docente universitario".
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IMMAGINE. Anche nell'alimentazione, la stampa vede ad occhi socchiusi, a colori falsati e a metà.

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6 Commenti:

Anonymous Mary the Red ha detto...

Hai ragionissima, la solita tiritera, le solite testimonianze personali generiche e ovvie, il solito "costume". Basta: vogliamo cose più specifiche, più scientifiche, consigli pratici, risoluzione di problemi! Tutte cose che loro fanno quando - come dici tu - trattano quelle poche materie per loro "nobili". Per esempio il calcio. Qui sì che entrano in particolari tecnici...

22 febbraio 2010 alle ore 11:16  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Brava Mary, voglio vedere se intervistando il centravanti del Milan o dell'Inter gli chiedono solo e sempre "come ha scoperto il pallone", come è diventato calciatore"...

22 febbraio 2010 alle ore 11:21  
Anonymous Francesca ha detto...

Ok, l'articolo e' generico. Ma capisco anche che molte persone, tante, tantissime persone, sono ancora alla fase "fare a meno della carne e' un vezzo da eccentrici", e quindi vanno rassicurate con concetti di base. E ci sono tante, tantissime persone, che mangiano carne ogni santo giorno che Dio concede loro e che considerano questo alimento una sorta di "pane quotidiano".
Il fatto di dover essere letti obbligatoriamente da tante persone fa si' che inevitabilmente il livello culturale debba assestarsi sul medio-basso, questo l'ho constatato su diversi argomenti. Ma forse sarebbe meglio optare per la qualita', a rischio di perdere qualche lettore...
Grazie, comunque, per i tuoi sempre interessanti spunti di riflessione!

22 febbraio 2010 alle ore 15:07  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Francesca, lo so bene che il livello dei lettori e quindi anche dei giornalisti che li rappresentano è quello che è, ma offende che a questo livello i giornali (tutti) non si attengono per la politica, la tv, il cinema, il gossip, l'opera lirica, il pop-rock o il calcio, dove anzi entrano in particolari e approfondiscono inutilmente.
Allora, è voluto. Si tratta proprio di manipolazione, di selezione delle notizie in seguito ad una certa analisi, che è oltretutto sbagliata.
Invece, solo per fare alcuni esempi alla mia portata, le scienze, comprese storia e geografia, e il jazz, vengono censurati o ridotti a pillole di livello sempre infantile, preliminare, offensivo. Lo noto da troppi anni per potermi sbagliare. E lo facevo notare anche dentro le redazioni che ho frequentato. Fa parte della sottocultura personale di direttori e capiredattori. I quali sanno bene che il giornalismo ha anche conseguenze educative e promozionali: a forza di parlare di un argomento lo si rende popolare e si spinge la gente a studiarlo. Effetto moltiplicatore. Così del resto nacque il giornalismo (cfr Il Caffè a Venezia), non certo per riferire di una donna caduta dalle scale o per quello che diceva un gondoliere. La cronaca non ha mai interessato quelli che inventarono il gionalismo. Quindi sbagliano i giornalisti attuali a ridurre tutto a cronaca e costume, anche il vegetarismo. Per la cronaca è meglio la tv o il giornale di quartiere o internet.
I giornali oggi se vogliono sopravvivere devono occuparsi si un livello più alto, di commenti, critiche, approfondimenti che la tv non può dare. Devono entrare in particolari precisi, tecnico-scientifici, incuriosire con inchieste e critiche. Questo porterà la gente ad interessarsi anche di vegetarismo (o di jazz, musica sinfonica, storia, geografia ecc). Se no, si facciano da parte: ci sono decine di persone più esperte e che scrivono molto meglio di loro. I giornalisti italiani hanno davvero passato il segno: sono essi stessi uno dei problemi dell'Italia, una delle peggiori "caste" corporative e conservatrici. E anche incapaci, visto il sistema di amicizie e raccomandazioni su cui si basano, che esclude a priori il merito.

22 febbraio 2010 alle ore 16:59  
Anonymous Paolo ha detto...

Quanto hai ragione Nico!
In Italia il problema è da anni il corporativismo e le lobby: non ti puoi permettere di parlare di nutrizione se non sei medico-nutrizionista, non puoi fare informazione se non sei giornalista, se parli di politica e non sei politico ti sbeffeggiano. E poi all'interno delle loro lobby si adagiano e il livello culturale scende fino al ridicolo. Siamo ai livelli delle caste indiane. Un articolo serio sul vegetarismo richiederebbe sei mesi di studio e venti pagine di rivista, ma il giornalista medio non ha tempo da perdere sui libri, preso com'è fra la partitella di tennis e la "cena di lavoro". Molto meglio il solito copia/incolla da tre ore di lavoro e quattro telefonate. Premiare il merito vuol dire mettersi in gioco tutti i giorni, studiare, faticare: una filosofia all'opposto del corporativismo fatto solo per difendere i propri membri, smettere di faticare, non aver paura che uno più capace ti sostituisca meritatamente.
Non conosco la tua storia ma sicuramente tu potresti tenere una rubrica di alimentazione su una rivista divulgativa con enormi risultati anche sociali (come già fanno i tuoi blog), ma non te lo avranno permesso per motivi che niente hanno a che fare con il merito. Se e quando elimineranno l'ordine dei giornalisti sarà come sgorgare un lavandino intasato. Una liberazione.

Chiedo scusa per l'intervento troppo focoso ma quando mi parlano di giornalisti e meritocrazia io parto in quarta!

23 febbraio 2010 alle ore 16:45  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Paolo, mi sono divertito con questa satira sulle redazioni all'italiana (ma come vedi colpisco anche i luoghi comuni di certi veg ingenui), perché sono uno dei pochi a conoscere bene, entrambi i pollai e relativi polli medi... Oops, volevo dire "simil-polli di soia", of course!
Sull'Ordine del disodine, creato da Mussolini, sono col grande Einaudi per l'eliminazione.

23 febbraio 2010 alle ore 17:58  

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